In una fattispecie esaminata dal Tribunale di Roma, il datore di lavoro aveva promosso opposizione contro un decreto ingiuntivo emesso per il pagamento di somme dovute a titolo di tredicesima e quattordicesima mensilità, maturate in un arco temporale dal 2016 al 2021. Il nodo centrale della questione riguardava se tali somme dovessero essere corrisposte al lordo o al netto delle ritenute fiscali e previdenziali.
Il datore di lavoro sosteneva che le somme dovute fossero state erroneamente calcolate al lordo delle ritenute fiscali, e che questo rappresentasse un’indebita percezione, poiché gli oneri fiscali e previdenziali erano già stati corrisposti agli enti competenti. Nel caso di specie, quindi, l’ammontare netto sarebbe stato sufficiente a soddisfare il credito del lavoratore, poiché le trattenute spettavano agli enti previdenziali e non a lui.
Il lavoratore, di contro, sosteneva che l’obbligazione retributiva doveva essere adempiuta nei suoi confronti per l’importo lordo, ovvero quello che comprende le ritenute obbligatorie che il datore di lavoro è tenuto a versare direttamente agli enti previdenziali e fiscali. Da tale importo lordo, le trattenute vengono detratte per poi essere versate alle autorità competenti.
La questione giuridica
L’aspetto centrale della controversia risiede nella definizione di cosa costituisca il “credito retributivo” del lavoratore. Ai sensi della vigente normativa, la retribuzione lorda include sia la parte che rimane al lavoratore, sia quella che il datore di lavoro trattiene per adempiere agli obblighi fiscali e previdenziali. Il lavoratore, tuttavia, non ha diritto a ricevere le somme al lordo, in quanto le trattenute fiscali e previdenziali spettano direttamente agli enti preposti.
Il Tribunale di Roma, nella fattispecie esaminata (Sentenza n. 1**5/2024), ha richiamato il consolidato orientamento della Corte di Cassazione, secondo il quale “la liquidazione del credito spettante al lavoratore per differenze retributive devono essere effettuati al lordo sia delle ritenute fiscali, sia di quella parte delle ritenute previdenziali gravanti sul lavoratore, atteso che la determinazione delle prime attiene non al rapporto civilistico tra datore e lavoratore, ma a quello tributario tra contribuente ed erario, e devono essere pagate dal lavoratore soltanto dopo che il lavoratore abbia effettivamente percepito il pagamento delle differenze retributive dovutegli, mentre, quanto alle seconde, il datore di lavoro, ai sensi dell’art. 19 della l. n. 218 del 1952, può procedere alle ritenute previdenziali a carico del lavoratore solo nel caso di tempestivo pagamento del relativo contributo”(in tal senso, Cass. Sez. L, Sentenza n. 18044 del 14/09/2015; da ultimo anche Cass. n. 8017/2019)”
La decisione del Tribunale si allinea con la prassi giurisprudenziale consolidata secondo il quale l’accertamento e la liquidazione dei crediti pecuniari del lavoratore per differenze retributive devono essere effettuati al lordo delle ritenute fiscali e previdenziali.
In sintesi, questa sentenza ribadisce un principio importante nel diritto del lavoro: il lavoratore ha diritto alle differenze retributive calcolate al lordo di ogni ritenuta, mentre il meccanismo di prelievo delle ritenute e l’incidenza di esse sulle parti del rapporto di lavoro opera solo al momento del pagamento del credito.