IL CONTRATTO DI COMPARTECIPAZIONE AGRARIA

Cos’è la compartecipazione agraria

È un contratto con il quale un imprenditore agricolo (concedente) mette a disposizione un fondo per coltivarlo insieme ad un altro imprenditore (compartecipante), allo scopo di dividere i prodotti ottenuti. Si tratta dunque di un contratto associativo.

Il contratto di compartecipazione è un contratto atipico, cioè non disciplinato in modo organico dalle leggi dello Stato. Unico riferimento normativo si rinviene nell’art. 56, L. 203/1982, laddove si afferma che “le disposizioni della presente legge non si applicano ai contratti agrari di compartecipazione limitata a singole coltivazioni stagionali né alle concessioni per coltivazioni intercalari né alle vendite di erbe di durata inferiore ad un anno quando si tratta di terreni non destinati a pascolo permanente, ma soggetti a rotazione agraria”.

Tale contratto rappresenta una forma congiunta di esercizio dell’attività agricola (art. 2135 C.C.), prevedendo che due imprenditori agricoli si accordino per utilizzare i propri fattori produttivi per svolgere una coltivazione a carattere stagionale.

A differenza degli altri contratti agrari oggi vietati, quali mezzadria, colonia parziaria, nel contratto di compartecipazione prevale l’elemento di cogestione dell’attività rispetto alla pura prestazione lavorativa.

Al fine di inquadrare correttamente il contratto e non correre il rischio di un suo disconoscimento è necessario che il contratto rispetti i seguenti requisiti: la natura associativa, il carattere parziario, e la brevità o precarietà del rapporto.

Quanto al primo requisito, il concedente e il compartecipante, si associano al fine di:

• svolgere congiuntamente una coltivazione stagionale;

• co-gestire l’impresa, ripartendone i rischi;

• concorrere alle spese di produzione, senza creare, tra di loro, una società.

Tra i due contraenti non si costituisce, infatti, un patrimonio giuridicamente autonomo, ma solo un rapporto obbligatorio.

L’associato, per non essere inquadrato come un lavoratore subordinato, oltre all’esecuzione dei lavori colturali (spesse volte con attrezzature di sua proprietà), deve partecipare alle spese (per sementi, concimi, prodotti fitosanitari).

Allo stesso tempo, l’associante, pena l’instaurazione di un contratto di affitto agrario, non può limitarsi a mettere a disposizione il terreno (ed, in certi casi, i mezzi meccanici per la sua coltivazione), ma deve realizzare anche le operazioni preliminari (quali ad es., l’aratura, la concimazione, l’irrigazione).

In altre parole, è essenziale che il concedente mantenga effettivamente la conduzione del fondo, effettuando alcune fasi dell’attività di coltivazione che, in sostanza, condivide con il compartecipante. Solo a queste condizioni, la stipula del contratto associativo non comporta la decadenza dai benefici fiscali (la c.d. piccola proprietà contadina) precedentemente ottenuti per l’acquisto dei terreni agricoli.

I contraenti

Entrambi i contraenti devono essere imprenditori agricoli, altrimenti si configurerebbe un contratto di altra natura.

È necessario svolgere l’attività agricola anche in maniera autonoma

Il compartecipante, oltre a coltivare il fondo del concedente in forma associata, dovrà svolgere anche l’attività agricola in proprio e, conseguentemente, detenere terreni a titolo di proprietà e/o affitto. Inoltre, il compartecipante che partecipa attivamente ai lavori colturali e alla loro organizzazione dovrà essere iscritto nella gestione INPS quale CD o IAP.

Natura associativa

È necessario che entrambe le parti partecipino effettivamente alla coltivazione associata del fondo, dando vita ad una cogestione dello stesso con partecipazione di entrambi al rischio di impresa, senza tuttavia costituire una società.

Pertanto, è necessario che entrambe le parti sostengano le spese di coltivazione e che entrambe eseguano opere colturali sul fondo; la ripartizione del prodotto dovrà essere proporzionale all’effettivo apporto alla conduzione associata. Ad esempio, il concedente potrà sostenere le lavorazioni preliminari alla semina o trapianto (aratura, sistemazione del terreno e prima concimazione), mentre il compartecipante potrà eseguire personalmente o per mezzo di contoterzisti alcune delle operazioni colturali dalla consegna fino al raccolto.

Il rispetto di quanto sopra permetterà di evitare che il contratto venga qualificato come contratto di lavoro subordinato o contratto di locazione.

L’eventuale remunerazione sarà rappresentata dalla ripartizione del prodotto.

Ripartizione del prodotto

Il prodotto dovrà essere ripartito tra concedente e compartecipante in relazione all’apporto che ciascuna parte avrà profuso nella coltivazione congiunta del fondo.

La valutazione di tale proporzione è rimessa alle parti, che nel contratto sono libere di indicare la percentuale da esse scelta. Affinché, il contratto di compartecipazione non sia disconosciuto è necessario che non preveda compensi fissi, predeterminati, essendo questo un modo di aggirare il requisito rischio di impresa

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