E’ possibile rinunciare preventivamente, da parte dell’esercente una attività commerciale, alle indennità di avviamento previste dall’articolo 34 della legge 392/1978?
Una risposta ci perviene dalla Terza Sezione civile della Corte di Cassazione, la quale con l’ordinanza 22826 del 2022, che ha accolto il ricorso incidentale del conduttore, ha dichiarato illegittima la clausola del contratto di locazione che prevede la rinuncia del conduttore a parte delle indennità riconosciute per legge.
La Suprema Corte dà atto della presenza di un orientamento minoritario, secondo cui la rinuncia a determinati diritti “di favore” inseriti dal Legislatore sarebbe legittima, laddove si possa determinare come un corrispettivo sinallagmatico a fronte, per esempio, della diminuzione del canone.
Però, si legge nel provvedimento, per legge tale rinuncia è possibile soltanto ove il contratto sia stato già concluso e dunque le parti si trovino in una condizione di effettiva parità, non potendo il locatore far leva su una condizione di “superiorità”. Difatti per la Corte, definire in modo pari un canone quando per diminuirlo occorre rinunciare ai diritti che il legislatore attribuisce al conduttore “appare intrinsecamente contraddittorio, per non dire un fragile espediente”.
Si finisce infatti per qualificare come “già concordati elementi essenziali come il canone quando in realtà la trattativa è ancora aperta e giunge, infatti, ad un canone diverso”.